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Le reti elettriche e le Rinnovabili

La questione della gestione delle reti elettriche in funzione dell’energia prodotta attraverso le fonti rinnovabili è oggi un tema molto dibattuto ed uno dei punti chiave per la realizzazione della transizione energetica.

Infatti, la necessità di rafforzare le reti di trasmissione, potenziare le interconnessioni internazionali e aumentare la capacità di accumulo è diventata non più procrastinabile.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, “i governi devono soppesare i costi iniziali di un’infrastruttura elettrica resiliente rispetto ai benefici della sicurezza di approvvigionamento delle fonti fossili”.

Ma questa sicurezza oggi per molti Paesi europei a conti fatti potrebbe essere più dispendiosa che puntare su rinnovabili e infrastrutture elettriche resilienti.

La trasformazione del sistema elettrico deve essere vista in funzione delle tendenze attuali dei sistemi energetici, che implicano sempre di più lo sviluppo di batterie, pompaggi idroelettrici e inverter avanzati, ma anche di strumenti di gestione dinamica della domanda (demand response), al fine di distribuire meglio i carichi nei momenti critici.

Il caso spagnolo

In un rapporto del governo spagnolo del 17 giugno 2025 sul blackout del 28 aprile 2025 la responsabilità dell’accaduto – un picco di tensione che ha causato l’interruzione di energia elettrica – è stata attribuita in modo condiviso alla società Redeia e alle società di produzione di energia elettrica, citando la cattiva gestione dello stress del sistema, la mancata sostituzione di un impianto sincrono dismesso e le disconnessioni premature. Ma la questione è controversa.

Redeia si è difesa contestando questo assunto, sostenendo che la colpa è risieduta nelle centrali elettriche convenzionali piuttosto che nella sua attività pianificazione, sostenendo che le centrali a carbone, gas e nucleare non sono riuscite a mantenere livelli di tensione adeguati, nonostante la stessa avesse calcolato una capacità di controllo della tensione sufficiente, affermando che se queste centrali avessero svolto il loro ruolo, il blackout avrebbe potuto essere evitato. L’azienda ha pubblicato il proprio rapporto un giorno dopo quello del governo, che, come detto, aveva attribuito l’errore di calcolo del mix energetico da parte di Redeia al fattore chiave dell’incapacità della rete di gestire il picco di tensione.

Il gruppo industriale Aelec, che rappresenta importanti aziende elettriche come Iberdrola ed Endesa, ha criticato la posizione di Redeia, sostenendo che incolpare le centrali elettriche e rivendicare la correttezza operativa danneggia la reputazione del settore. Hanno sostenuto che Redeia non è riuscita a salvaguardare adeguatamente il sistema, sebbene la stessa continui a difendere le proprie azioni affermando di aver rispettato le procedure e agito con diligenza.

È evidente che dopo questo episodio, l’industria delle energie rinnovabili ha avuto un problema di immagine ed i suoi detrattori hanno affermato che la preponderanza del solare nel mix energetico del Paese ha reso difficile bilanciare domanda e offerta per mantenere stabile la rete, e che la mancanza di energia elettrica continua – fornitura di elettricità disponibile quando necessario – ha impedito agli operatori di reagire rapidamente.

Sebbene il tema sia ancora oggetto di indagine, le ipotesi tecniche più accreditate prefigurano una combinazione di eventi legati soprattutto alla vulnerabilità strutturale della rete elettrica.

Il blackout è stato innescato da un guasto su una linea di trasmissione ad alta tensione tra la Catalogna francese e quella spagnola, secondo quanto confermato da Red Eléctrica de España (REE), il gestore della rete di trasmissione iberica.

Il distacco ha generato un’oscillazione di frequenza incontrollata sull’interconnessione, provocando un fenomeno di “islanding” che ha isolato il sistema elettrico spagnolo dal resto d’Europa. Poco dopo, si è verificato uno spegnimento a cascata di generatori lungo tutta la rete, aggravato dall’insufficiente apporto dei meccanismi di compensazione automatica degli sbalzi di tensione e frequenza.

Inoltre, un secondo limite è stato l’insufficiente capacità di accumulo. Durante il blackout, solo 1,4 GW degli oltre 3,3 GW disponibili di pompaggio idroelettrico sono stati effettivamente operativi. Questo squilibrio ha ridotto la capacità del sistema di compensare rapidamente le fluttuazioni.

In via generale, oltre a interconnessioni e stoccaggi elettrici insufficienti, c’è da considerare che la crescita delle rinnovabili come fotovoltaico ed eolico non è stata accompagnata da un potenziamento proporzionale della rete, anche in termini di meccanismi tecnici e di mercato al fine di favorire la flessibilità della domanda e l’offerta di servizi ancillari.

Le rinnovabili quindi non sono state la causa del blackout, piuttosto ne hanno subito le conseguenze.

Inoltre, come riportano fonti indipendenti e Greenpeace, “le fonti rinnovabili erano tornate a garantire oltre il 90% dell’elettricità già alle 17:00 dello stesso giorno in cui si è verificato il blackout, cioè ad appena 4,5 ore circa di distanza dall’evento. Le centrali nucleari, al contrario, hanno richiesto molte ore o più di un giorno per tornare operative”, rallentando la ripresa della rete a causa della loro priorità nella riconnessione alla stessa rete elettrica che per questioni di sicurezza è stata data al ripristino dei reattori e delle funzioni di raffreddamento.

L’incidente ci fornisce una chiara indicazione circa la necessità di rafforzare le reti di trasmissione, potenziare le interconnessioni internazionali e aumentare la capacità di accumulo.

La Spagna, con il 56% del suo fabbisogno già coperto da rinnovabili nel 2024, è sulla strada giusta, ma sebben abbia compiuto passi da gigante – la capacità solare è passata da 0,4 GW (2018) a oltre 7 GW e quella eolica a 31,6 GW – questo cambiamento ha superato la modernizzazione della rete. La mancanza di meccanismi di inerzia sincrona e di controllo della tensione ha lasciato il sistema vulnerabile.

Il matrimonio tra le Rinnovabili e le reti elettriche

Anche a livello Europeo l’ascesa delle energie rinnovabili sta mettendo in discussione diffusamente i tradizionali modelli di rete.

I piani “Fit for 55” e REPowerEU devono ora dare priorità, tra le altre cose, a sistemi di controllo di tensione e frequenza in tempo reale e a meccanismi di bilanciamento transfrontalieri.

Ma che cos’è che caratterizza il connubio tra le Rinnovabili e le reti elettriche e come queste si dovranno trasformare in funzione della nuova offerta di energia?

I temi principali sono un sempre maggiore impiego delle fonti rinnovabili, l’autoproduzione distribuita, la decentralizzazione, la complementarità delle fonti, l’introduzione di sistemi di accumulo, la bi-direzionalità dei flussi energetici e l’integrazione di diversi vettori energetici.

Fonte Enea

Tutto ciò ha un impatto significativo sul sistema elettrico tradizionale ed implica una serie di sfide da affrontare.

Per cominciare, le caratteristiche tecniche degli impianti di fonti di energia rinnovabile (FER) implicano una riduzione dell’inerzia del sistema, una riduzione di risorse che forniscono la regolazione della tensione mentre dal punto di vista della regolazione della frequenza, la difficoltà risiede nella non programmabilità delle FER, che causa i cosiddetti periodi di over-generation nelle ore centrali della giornata e le difficoltà di soddisfare l’aumento di carico nelle ore serali.

Inoltre, spesso le dislocazioni degli impianti rispetto alle concentrazioni di consumo (come in Italia dove la maggior parte degli impianti eolici è nel Sud mentre la domanda elettrica è maggiore nel Nord) creano problemi di congestione della rete che si uniscono a quelli generati dall’aumento della generazione distribuita. Senza infine considerare che i cambiamenti climatici stanno creando crescenti disservizi nella rete.

Le reti elettriche nel mondo: il Global Grids Index

Il Global Grids Index è un indice sviluppato da Bloomberg Media in collaborazione con Iberdrola, basato sui dati di BloombergNEF, che misura quanto siano preparati i sistemi elettrici di dieci principali mercati energetici mondiali ad affrontare la transizione verso un futuro a zero emissioni nette.

L’indice valuta diversi aspetti fondamentali per la modernizzazione e l’efficienza delle reti elettriche, tra cui:

  • Connessioni alle fonti rinnovabili (20%)
  • Velocità di connessione (20%)
  • Sviluppo della rete (scala e investimenti combinati – 40%)
  • Digitalizzazione (10%)
  • Capacità di stoccaggio dell’energia (10%)

Questi parametri sono suddivisi in KPI strutturali (es. scala della rete, digitalizzazione) e KPI situazionali (es. velocità di connessione, investimenti recenti).

Ad oggi l’indice rivela che nessuno dei Paesi analizzati è ancora pienamente pronto per la transizione energetica. Tuttavia, alcuni sono più avanti di altri.

La Germania è al primo posto della classifica, ed è il più grande investitore europeo nelle reti elettriche, ma deve colmare il divario nella digitalizzazione e nello stoccaggio dell’energia. Segue la Cina: con una capacità elettrica di 5.300 GW necessaria entro il 2050, la sua rete sarà messa a dura prova. Al terzo posto c’è la Spagna, leader nelle rinnovabili e nei contatori intelligenti, ma come abbiamo visto ha bisogno di migliorare il quadro normativo e la pianificazione della rete.

L’Italia è al quarto posto, grazie a buoni livelli di investimento nella rete, all’iniziativa legata al progetto “Hypergrid” da 11 miliardi di euro per migliorare la trasmissione nord-sud, ad una buona digitalizzazione (es. contatori intelligenti) ed ad un’ampia pipeline di progetti di stoccaggio energetico previsti nei prossimi anni. 

A seguire gli Stati Uniti (che devono accelerare gli investimenti e l’ammodernamento della rete per integrare 380 GW di energia pulita), l’Australia (la rete di interconnessione più lunga del mondo dovrà quasi raddoppiare entro il 2050), il Brasile (la rete idroelettrica necessita di forti investimenti per rispondere alla crescente domanda di elettricità).

Gli ultimi tre posti della classifica vedono ottavo il Regno Unito, dove la lentezza nelle connessioni e i limitati investimenti frenano la crescita, nono il Giappone, che necessita di maggiori investimenti per non restare indietro rispetto agli altri paesi OCSE, e l’India, fanalino di coda, con la terza rete elettrica più grande al mondo che però ha bisogno di oltre 2.000 miliardi di dollari di investimenti entro il 2050.

Insomma, il Global Grids Index mostra che tutti i paesi analizzati devono accelerare gli investimenti nelle reti elettriche.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, queste spese dovranno più che raddoppiare entro il 2030, raggiungendo almeno i livelli degli investimenti nelle rinnovabili.

Altrimenti, il rischio è quello di costruire impianti eolici e solari senza riuscire a connetterli a lla rete elettrica.

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